La datazione dell’origine della festività di Santa Lucia è piuttosto confusa: alcuni la fanno risalire al 13 dicembre del 1646 con l’approdo a Palermo di una nave carica di grano che pose fine ad una grande carestia e, in seguito, una storia simile sarebbe avvenuta più di un secolo dopo, nel gennaio del 1763, a Siracusa. In entrambi i casi l’arrivo inaspettato di uno o più bastimenti carichi di grano, giunti grazie all’intercessione della Santa, sarebbe stato risolutivo per porre fine ad una terribile carestia mentre il comandante di una di queste navi, al suo ingresso in porto, sarebbe guarito miracolosamente da una grave malattia agli occhi (occhi di cui S. Lucia è protettrice).
La tradizione racconta che le navi con il prezioso carico (ovunque esse siano approdate in Sicilia) furono prese d’assalto e che la popolazione affamata, per non perdere tempo a macinare il grano per trasformarlo in farina, lo consumò così com’era, semplicemente bollendolo e senza l’aggiunta di altri ingredienti. Da quel momento in poi fu deciso che, in segno di devozione e riconoscenza, ogni anno il 13 dicembre si mangiasse solo grano intero e legumi, evitando i prodotti derivati dalla lavorazione della farina. Da qui la tradizione di cucinare ogni anno per S. Lucia la cuccia, le panelle salate e dolci (realizzate con farina di ceci), sformati di riso, gateaux di patate e le immancabili arancine di riso.
La “Cuccia” è sicuramente il dolce simbolo di questa festa. E’ un dolce a base di grano tenero che prevede una preparazione lunga ben tre giorni, cosa che ne fa un rituale deputato per lo più alle donne anziane della famiglia poiché una procedura così lunga difficilmente si concilia con i tempi serrati della vita quotidiana. Dopo i tre giorni a bagno nell’acqua, il grano viene cotto per otto ore a fiamma bassissima e lasciato riposare ancora una notte prima di essere condito con crema di ricotta o crema al latte e cioccolato fondente ed infine si procede alla decorazione con cannella e canditi. La tradizione vuole che la cuccia sia distribuita tra parenti, amici e vicini di casa e nei ricordi dei bambini della mia generazione è viva l’immagine di un tavolo pieno di ciotole e ciotoline pronte per la dolce distribuzione.
L’etimologia del nome “cuccia” è veramente molto antica: la prima citazione risale al vocabolario siciliano-latino di Scobar del 1519 dove alla parola “cuchia” viene associata la spiegazione latina “triticum decoctum” ovvero “grano bollito”. Il nome comunque indubbiamente deriva dalla parola “cocciu” ovvero “chicco” (dal greco kokkia) e dal verbo “cucciari” cioè mangiare un chicco alla volta e quindi comunque legata all’ingrediente base cioè il grano. I racconti della tradizione orale ci tramandano inoltre che i “cocci di grano” ricordano le pupille delle quali Santa Lucia aveva subìto l’accecamento.
Oltre ad essere una tradizione di Palermo e Siracusa, la cuccia è diffusa, con delle variazioni culinarie, anche in altre città sicule. A Trapani, per esempio, il grano bollito viene consumato insieme a fave e ceci bolliti con il “mosto cotto” mentre a Caltanissetta la cuccia è una pietanza salata a tutti gli effetti e preparata come una minestra di grano con l’aggiunta di ceci ed olio d’oliva.
Il 13 dicembre per ogni palermitano un’altra tradizione culinaria irrinunciabile è quella legata alle arancine. Sorvolo sull’annosa nonché noiosa questione arancina/arancino perché sono palermitana e, in quanto tale, il fatto che l’arancina sia femmina non si discute per cui… le chiamerò arancine con buona pace dei catanesi, siracusani, ragusani e messinesi! L’origine dell’arancina si fa risalire alla dominazione araba tra il IX e l’XI secolo. Pare fosse proprio un’abitudine degli arabi quella di appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano e di condirlo al suo interno con carne di agnello. Questa pratica rendeva la pietanza, che in origine era un profumatissimo risotto condito con carne di montone, anche comoda nel trasporto grazie all’impanatura e alla frittura, trasformandola così nel primo esempio di cibo da asporto salato ancora oggi presente nella nostra vita quotidiana tant’è che si può affermare senza tema di smentita che, a distanza di tanti secoli, l’arancina è la regina dello street food palermitano. La procedura nel comporre l’arancina ancora oggi non è cambiata; infatti, è uno spettacolo osservare i cuochi nostrani comporre nei palmi delle loro mani piccoli sferici capolavori culinari! Nel XIII secolo Giambonino da Cremona, che fu uno dei più grandi traduttori dall’arabo del Medioevo, segnalava che gli arabi stessi avevano assegnato il nome di “arancina” a questo particolarissimo composto di riso per la sua somiglianza alle arance tanto diffuse in Sicilia. Gaetano Basile ci ricorda che nel settecento le arancine erano la specialità tipica del Monastero domenicano della Pietà oggi più conosciuto come Palazzo Abatellis e che, in quell’epoca, le arancine non erano riempite di ragù ma di piccoli piselli, verdure e straccetti di carne e solo nella seconda metà dell’Ottocento, con l’introduzione massiccia del pomodoro e quindi della salsa di pomodoro nella cucina locale, il condimento al loro interno si trasformò nel ragù che conosciamo oggi.
Come per gli anelletti al forno ne “Il Gattopardo” anche le arancine godono di un’illustrissima citazione letteraria: nel 1894 in un brano de “I Viceré” di Federico De Roberto si parla di “arancine di riso grosse ciascuna come un mellone” (ed anche De Roberto le cita utilizzando il femminile). Certamente la prima arancina della storia fu di carne o “accarne”, come si dice in dialetto palermitano, seguita poi dalla variante al burro o “abburro” che in realtà è un condimento composto da formaggio o besciamella e dadini di prosciutto cotto. Adesso le variazioni sul tema della farcitura salata o dolce non si contano più (alcune molto ben riuscite altre talvolta risultano essere delle vere e proprie forzature) ma sicuramente la tradizione culinaria di Santa Lucia è più viva che mai e l’arancina è ancora oggi uno dei simboli incontrastati della cucina siciliana nel mondo.
Cristina Colajanni
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