Con questa intervista all’Assessore al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana On. Avv. Toto Cordaro, noi di Accademia Siciliana della Pasta abbiamo voluto fare chiarezza su due argomenti oggi molto discussi e di assoluta attualità: la paura che la Sicilia possa diventare il sito per contenere i rifiuti radioattivi e il controllo del grano estero in ingresso in Sicilia potenzialmente dannoso per la salute.


1. Buongiorno Onorevole, innanzitutto vorrei che spiegasse a tutti noi cosa vuol dire oggi essere Assessore al Territorio e all’Ambiente della Regione Siciliana.

Vuol dire lavorare tantissimo, molto spesso senza soluzione di continuità, in ragione del fatto che le deleghe affidate a questo assessorato sono molto delicate e sono, in buona sostanza, tre: la delega che si occupa della tutela della pianificazione ambientale, compresi i parchi, le riserve, il demanio marittimo e tutto quello che riguarda la tutela del territorio; la delega all’ urbanistica, e quindi, la pianificazione e la tutela dell’assetto urbanistico; infine, la delega al Corpo Forestale, che nella stagione estiva assume la responsabilità dell’antincendio boschivo e, al netto delle attività di polizia giudiziaria (antibracconaggio, antiabusivismo e controllo dei grani che arrivano da paesi extracomunitari) in questa fase di pandemia ha esercitato anche il controllo all’arrivo nei porti, negli aeroporti.

2. Entrando nel merito del problema della richiesta dei siti nucleari da parte del governo nazionale, è un problema che ha acceso un forte dibattito non solo nella politica ma anche fra tutti i cittadini siciliani preoccupati. Ci chiarisca cosa sta succedendo.

Il decreto legislativo 31 del 2010 ha determinato la necessità della realizzazione e dell’utilizzo di un unico deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del collegato parco tecnologico. La tematica diventa assolutamente prioritaria e dirimente perché è stata attivata una procedura di infrazione europea nei confronti dell’Italia.

Attualmente nel nostro Paese i rifiuti radioattivi sono stoccati in una ventina di siti provvisori, nessuno dei quali è idoneo al fine dello smaltimento.

Pertanto, in ragione di questo decreto legislativo 31/2010, il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Ambiente hanno dato incarico alla SOGIN, Società di Gestione Impianti Nucleari, che è una società pubblica, di redigere la cosiddetta CNAPI, ossia la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. Questa Carta è stata realizzata attraverso le indicazioni e gli studi che per conto del governo nazionale hanno svolto l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, e lo IAEA, cioè la International Atomic Energy Agency. Sono stati determinati gli standards che dovevano avere i siti potenzialmente idonei, attraverso i criteri previsti dalla guida tecnica numero 29 di ISPRA. Tra queste caratteristiche, ve ne sono alcune che sono ritenute essenziali e che “ictu oculi” confliggono col territorio siciliano, perché, per esempio, per quanto riguarda la stabilità geologica, sappiamo benissimo che la Sicilia è una regione, purtroppo, soggetta a forte dissesto idrogeologico. Ancora, la protezione del deposito da condizioni metereologiche estreme: penso al Parco delle Madonie, uno dei siti individuati, in territorio tra Petralia Sottana e Castellana Sicula dove è noto che le temperature possono essere rigidissime in inverno e caldissime in estate.

Ma penso, ancora alla assoluta contraddittorietà di insediare il deposito unico dei rifiuti in regioni dove vi siano siti Unesco. La Sicilia ha sette siti Unesco ed ha avuto il riconoscimento di due Geo Park Unesco, uno dei quali è proprio il Parco delle Madonie.

Un altro argomento assolutamente dirimente riguarda il pericolo legato al trasporto per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Considerato che il 70 per cento di questi rifiuti si trova al Nord, per stoccarli in Sicilia dovrebbero attraversare tutto lo Stivale; non solo, ma uno dei pericoli più riconosciuti in assoluto è anche il trasporto per mare. In Sicilia non potrebbero che arrivare da Genova o da Napoli, piuttosto che da Reggio Calabria attraverso il mare; anche questo diventa un indicatore assolutamente non idoneo, anzi contrario al deposito nella nostra isola.

C’è anche da dire un’altra cosa.

Questa Carta che è stata diffusa perché il lavoro della SOGIN è stato asseverato dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero per lo Sviluppo Economico, prevede 67 siti potenzialmente utili; di questi 12 sono ritenuti molto interessanti, 11 interessanti, 44 meno interessanti. I quattro siti individuati in Sicilia rientrano tra i 44 meno interessanti. Quindi, questo deve farci stare in allerta, senza però farci perdere il senso della realtà.

È abbastanza, inoltre, assurdo che l’individuazione dei 67 siti potenziali sia avvenuto non attraverso ispezioni o sopralluoghi, ma esclusivamente attraverso rilievi cartografici: né l’ISPRA né tantomeno lo IAEA, hanno immaginato di venire in Sicilia per accertare il reale stato dei luoghi.

Ciò detto, la procedura prevede, all’indomani della comunicazione, che è avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 gennaio, due fasi: una, di due mesi, entro la quale Regioni ed enti locali interessati devono confutare la proposta del governo, ossia devono preparare un documento per dimostrare, in buona sostanza, che, nel nostro caso la Sicilia, e soprattutto i territori di Trapani, Calatafimi, Segesta, Butera, Petralia Sottana e Castellana, sono assolutamente non idonei ad accogliere il deposito. Una volta che saranno trascorsi questi 60 giorni e sono state inviate le controdeduzioni, si apre il cosiddetto seminario nazionale, cioè si apre il confronto fra il governo nazionale e gli enti locali, per arrivare poi all’individuazione del sito per il deposito unico nazionale. Considerato che questo tema si è posto il 5 gennaio, il 7 gennaio il Presidente Musumeci ha immediatamente convocato una giunta straordinaria con un unico punto all’ordine del giorno: in quella occasione abbiamo votato una delibera di giunta che determina la posizione di assoluta contrarietà del governo della regione rispetto all’eventualità che il deposito dei rifiuti possa essere allocato in Sicilia. Nello stesso atto deliberativo è stato deciso di istituire un gruppo di lavoro, presieduto dall’assessore regionale all’Ambiente, coordinato tecnicamente dal presidente della CTS, la Commissione Tecnica Specialistica di supporto all’ambiente Aurelio Angelini e composto dal presidente della Commissione parlamentare ambiente l’onorevole Savarino, dai sindaci di Castellana, Petralia, Trapani, Calatafimi e Butera. Faranno parte di questo gruppo di lavoro anche quattro cattedratici delle università Palermo, Catania, Messina ed Enna con specifiche competenze in materia.

Questo gruppo di lavoro si insedierà oggi. Abbiamo anche creato una email apposita: gruppostudio.cnapi@regione.sicilia.it, a cui potranno essere inviate da parte di chiunque voglia, dal singolo cittadino agli ordini professionali, dai comitati che si sono formati agli amministratori locali ed associazioni di categoria, richieste di audizioni e documenti utili alla decisione del gruppo di lavoro. Fatte le conseguenti valutazioni, verrà redatto il documento definitivo da inviare al governo nazionale.

3. Ora, sentendo tutto quello che succederà, un semplice cittadino si chiede perchè si è arrivati a tutto questo; se si fossero fatte prima le corrette analisi, si sarebbe evitato tutto questo lavoro?

Bella domanda! Rispondo riportando una vicenda che sa ancora di più dell’incredibile. C’è stato un comune che ha chiesto di essere sede del deposito nazionale unico, Trino Vercellese. Un ente locale in provincia di Vercelli presso il quale doveva essere realizzata l’unica centrale nucleare italiana. Ebbene, Trino Vercellese, nonostante ne abbia fatto richiesta e possegga tutti i requisiti, non è fra i 67 siti individuati.

4. Avete trovato un’ottima soluzione ad un problema che certamente per noi siciliani è stata come una bomba atomica esplosa nel nostro territorio. Per ritornare, invece, alla sua delega sull’entrata del grano estero nella nostra regione, cosa fa esattamente l’assessorato per difenderci dal grano estero che spesso è sinonimo di micotossine e glifosato?

La Regione Siciliana utilizza il proprio corpo di polizia giudiziaria, il Corpo Forestale, che attraverso comunicazioni informali veicolate dal personale nei porti agli ispettorati provinciali è in condizione di “accogliere” le navi che arrivano da paesi extracomunitari con grani potenzialmente contaminati.

In questo caso, l’intervento del personale del Corpo Forestale, insieme ai tecnici del servizio fitosanitario del dipartimento Agricoltura scongiura il pericolo che questo grano possa essere utilizzato dai produttori siciliani, destinandolo al macero.

Tutto ciò dimostra, d’altro canto, la volontà forte del governo regionale di promuovere il nostro grano siciliano, di promuovere le nostre ditte, di promuovere i nostri produttori di pasta e di fare in modo che questo sia sempre un tema centrale nell’agenda del governo Musumeci, soprattutto in tempo di pandemia: i siciliani devono nutrirsi di prodotti siciliani.

Ben venga l’export, ben venga la commercializzazione dei nostri prodotti in Europa e nel mondo; così procedendo i nostri produttori avranno di che vivere e crescere nel mercato internazionale.