Gli accademici preparano sempre i biscotti di San Martino!
Si era nel 330/335 quando un giorno Martino di Tours, figlio di un ufficiale dell’esercito, si arruolò nella cavalleria in obbedienza ad un’ordinanza imperiale.
Durante una ronda notturna l’11 novembre del 335, divise il suo mantello con un mercante che sentiva freddo.
Sembra che subito comparve il sole attenuando freddo e neve e tutti chiamarono quel giorno “estate di San Martino”. La stessa notte Martino vide in sogno Gesù che gli restituiva la metà del mantello dicendogli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Al suo risveglio il mantello era integro. Il giorno dopo Martino si fece battezzare convertendosi al Cristianesimo. Il periodo coincide con l’apertura delle botti perché il mosto finisce il tempo della sua fermentazione e con la degustazione del vino novello. Il vino meritava e diventò usanza festeggiarlo ogni anno.
Il guaio è che si affollavano le taverne dove si beveva abbondantemente come ricorda il proverbio siciliano, “A San Martinu ogni mustu è vinu” ma ecco lì che Martino fu definito il patrono degli ubriaconi.
Per i palermitani segna la fine dell’estate ed il giorno in cui l’industria vinicola apriva le porte delle varie cantine per fare assaggiare il vino novello prodotto.
L’11 novembre si allestivano i banchetti per accompagnare il vino, ricchi di pietanze per i benestanti e con “u viscottu i San Martino abbagnatu nn’o muscatu”, (il biscotto di San Martino intriso nel moscato) per i meno benestanti. Bastava la farina, l’acqua lo strutto e il lievito, un poco di zucchero, l’anice o la cannella!
Oggi rimane ancora legato alla tradizione palermitana l’onorare il santo con i biscotti speciali dalla forma di pagnottella rotondeggiante della grossezza di un’arancia e l’aggiunta nell’impasto di semi d’anice.
Sono duri, ma croccanti e vengono “abbagnati” (inzuppati) nel “moscato di Pantelleria” ricavato da uve inzolia o inzuppati nel vino appena spillato.
Una piccola curiosità. Si diceva anche che il biscotto era talmente croccante da essere duro “comu li corna”! Si crede per questo che San Martino fosse anche il protettore dei “cornuti” ma tale leggenda ha tante altre motivazioni! Rimane la durezza del biscotto che mantiene la sua bontà ed il sapore della tradizione popolare sempre ricca di messaggi e di storia delle nostre origini.
Ma c’è un’altra tradizione di san Martino che ereditiamo dai popoli albanesi e che si ripete a Palazzo Adriano, in provincia di Palermo e che festeggia i giovani che si sono sposati nell’anno; di mattina sfilano per le strade sfilano i bambini che portano cesti, coperti da tovaglie ricamate, con i tradizionali “panuzzi di San Martino” ed altri dolci. I genitori dello sposo regalano ai giovani “u quadaruni”, grossa pentola di rame e quelli della sposa “a brascera”, il braciere di rame per riscaldare la casa nei mesi freddi.
La comunità e gli amministratori del Comune dopo avere sfilato accompagnati dalla banda, fanno visita ai “S.Martini” dei novelli sposi e fanno loro un dono come augurio per la nascita della nuova famiglia.
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