Il rapporto tra cibo e arte risale letteralmente alla notte dei tempi ed è sempre stato molto stretto poiché l’uomo ha sempre rappresentato tutto ciò che lo circonda compreso il cibo di cui si nutre. In particolare, nell’arte pittorica la raffigurazione della pasta ha attraversato i secoli consolidando nel tempo l’immagine del ruolo centrale che ha sempre avuto nell’alimentazione italiana. Il primo quadro che raffigura due pastaie al lavoro risale al Medioevo e non ci sono dubbi che le due donne raffigurate procedessero ad una forma artigianale di essiccazione. Nel Museo di Capodimonte a Napoli un quadro del ‘600 non può non colpire per la sua espressività: “Il Mangiamaccheroni” di Mathias Stomer, un pittore olandese che visse a Napoli tra il 1633 e il 1639. Raffigura un uomo che con le mani mangia soddisfatto un piatto di pasta. Anche il ben più famoso pittore napoletano Luca Giordano (vissuto dal 1634 al 1705) nel medesimo periodo decise di dipingere il suo “Mangiatore di pasta” a conferma di quanto fosse un tema assolutamente attuale per l’epoca. Da entrambi i quadri si rileva che la pasta al pomodoro non dovesse essere ancora diffusa visto che entrambi gli affamati consumatori la mangiano, per così dire, “in bianco”. Tutti e due i quadri (che sembrano assolutamente speculari sia nella postura dei personaggi che nelle loro espressioni soddisfatte) esprimono la popolarità della pasta consumata come pasto dalla gente del popolo. Infatti, nel Cinquecento la pasta sembra che non fosse considerata un alimento popolare, il popolo si alimentava soprattutto di pane, minestre, verdure, tanto che a metà dello stesso secolo il prezzo dei maccheroni o delle lasagne risultava circa tre volte superiore a quello del pane. E’ dal Seicento che la pasta comincerà ad essere diffusa anche fra le classi popolari nei centri urbani, grazie all’introduzione della meccanizzazione e il conseguente abbassamento del suo costo.

“Il Mangiamaccheroni” di Mathias Stomer
olio su tela Museo di Capodimonte

il “Mangiatore di pasta” di Luca Giordano
olio su tela 1660 ca. Università di Princeton

Durante le mie visite presso il Museo di Capodimonte, la Certosa di San Martino e il Palazzo Reale di Napoli sono sempre rimasta incantata dinnanzi ai quadri di Giacomo Nani (Porto Ercole 1698 – Napoli 1755). Nani era un sopraffino pittore di scene d’ispirazione naturalista e di nature morte che rappresentava con una cura dei dettagli impressionante e raffigurò nei suoi quadri molti alimenti, carni e pesci di ogni specie, frutta e dolci, trionfi di ogni tipo, lasciandoci una testimonianza visiva dei cibi e delle vivande della cucina del suo tempo. In uno dei quadri di Nani, “Natura morta con piatto di maccheroni”, è raffigurato un bel piatto di maccheroni. Ciò che colpisce è che nel quadro i maccheroni hanno una posizione centrale, predominante rispetto agli altri cibi pur importanti come la carne, il pollame, il pane, le pere, il fiasco di vino ed una torta. Accanto ai maccheroni, abbondanti tanto da sembrare che straripino dal piatto, una grattugia con sopra un pezzo di formaggio. Sono passati secoli ma la modernità della composizione di questo quadro è disarmante nella sua attualità poiché quando fotografiamo i nostri piatti per pubblicarli sui social ci sentiamo quasi degli “artisti”, cerchiamo con il nostro cellulare angolature particolari e componiamo dei veri e propri “set fotografici” in miniatura e poi, quando ci ritroviamo dinnanzi a un’opera d’arte di questa bellezza, possiamo solo prendere atto del fatto che non abbiamo inventato proprio niente!

Giacomo Nani (secolo XVIII), Natura morta con piatto di maccheroni

Concludo questo rapido excursus giungendo ai nostri giorni con l’opera di uno dei nostri pittori siciliani più importanti e più rappresentativi della sicilianità: Renato Guttuso che nel 1956 dipinge “L’uomo che mangia gli spaghetti”. In questo quadro il pittore raffigura il padre nell’atto di consumare un piatto abbondante di spaghetti. La tovaglia sul tavolo è stesa male, probabilmente è stata tirata via dalla mano sinistra per avvicinare il piatto, non ci sono altre stoviglie o bicchieri, l’uomo indossa ancora la giacca e la sua bocca è spalancata: tutto concorre a far pensare che sia appena tornato a casa e che l’incontro tra il piatto e il suo consumatore stia avvenendo quasi d’impeto. Colpisce lo sfondo nero della scena che trova una spiegazione nel fatto che il padre, tornando a casa dal lavoro usava chiudere le tende per mandar via le mosche in modo da poter gustare il suo piatto di spaghetti al pomodoro in santa pace. E come non condividere!

Cristina Colajanni