Andrea Ruisi ama definirsi Chef visionario, ma anche e sempre un ingegnere. Infatti, la sua storia, inizia con una prestigiosa laurea in ingegneria informatica che lo lancia nel mondo della tecnologia. Ma dopo 12 anni di carriera imprenditoriale, la sua passione per la cucina ha il sopravvento. Decide, quindi, di dedicare tutte le sue energie ed il suo tempo all’arte della Cucina divenendo uno Chef con competenze tecniche ed esperienze pratiche di alto livello, girando per il mondo e diventando ambasciatore ALMA (Scuola Internazionale di Cucina Italiana). E’ componente del nostro Comitato Tecnico Scientifico (CTS) e ci ha omaggiato questa preziosa ricetta.
Pasta nera, seppia bianca
ovvero spaghetti di grani siciliani alla chitarra come li faccio io, mantecati al nero di seppia come lo fa la mamma, seppia cruda e camomilla
Due parole prima di accendere i fornelli.
La prima ricetta alla quale penso, quando mi viene chiesta una ricetta, è molto spesso quella della mia pasta alla norma. Prima di passare ad ingredienti, pentole e padelle, però, ho voglia di esprimere un paio di concetti. Voglio parlare di Coerenza e di Alta Cucina, e voglio dirvi perché la ricetta che vi racconterò oggi non sarà la pasta alla norma.
Una delle parole alle quali tengo di più quando si parla di gastronomia e di cucina, è Coerenza. La Coerenza gastronomica è un concetto vasto ma profondo. Significa adoperare tecniche di preparazione e di cottura che siano coerenti con gli ingredienti che si usano, utilizzare ingredienti che siano coerenti con la stagione nella quale ci si trova, e prodotti che siano a loro volta coerenti con il territorio che pretendono di raccontare e interpretare. Solo così, e solo quando tutto ciò rispecchia (chiaramente, in maniera coerente) chi siamo come persone e professionisti ancor prima che cuochi, restituendo il ruolo di protagonista al prodotto più che allo chef, allora è possibile dare un’identità a un piatto e alla propria cucina.
Il secondo argomento che voglio affrontare è, invece, provare a demolire un grosso, enorme equivoco. Chiedo spesso ai miei interlocutori durante le masterclass o gli show cooking cosa voglia dire per loro ”Alta“ Cucina. L’immagine che più spesso emerge dall’immaginario collettivo è quella di una cucina ricercata, quasi altezzosa, spesso a tratti autoreferenziale, che si erge su tutto e tutti, guardando in maniera spocchiosa dall’Alto i propri fruitori, come se chi sta in basso non fosse quasi degno di lei e di comprenderla.
Lungi invece dall’essere arte, rimanendo artigianato che si conclude in un effimero istante di piacere organolettico con la speranza di riuscire a strappare un sorriso e instillare un bel ricordo, la parola Alta andrebbe intesa in modo ben differente quando riferita alla Cucina. Pensiamo piuttosto all’espressione Alto Mare. Essere in alto mare, mare aperto. Profondo. Ecco. Meravigliosa lingua l’italiano. Alto mare. Mare Profondo.
E’ in questi termini che va intesa, a mio parere, l’Alta cucina. Alta cucina è cucina Profonda. Così mi è stato trasmesso.
Prendiamo un semplice e umile piatto di pasta e fagioli, preparato nel giusto momento dell’anno e nella competenza delle tecniche di cottura che valorizzino sia le qualità organolettiche che la salubrità e le proprietà nutrizionali. Preparato sapendo che l’abbinamento di legumi e cereali è nutrizionalmente corretto e completo in quanto in generale i cereali sono scarsi in lisina mentre sono ricchi in aminoacidi solforati, e al contempo invece i legumi scarseggiano in aminoacidi solforati e sono ricchi in lisina. Preparato nella consapevolezza che quella pasta è proprio quella pasta perché prodotta con quel particolare grano che proviene da quel particolare posto, e solo da quel posto, molito in un certo modo, impastato in quel modo ed essiccato in quel modo, e quei fagioli sono quei fagioli perché figli di quello specifico terroir, di quella varietà, cresciuti in quel posto, raccolti in quel momento dalle mani di una persona specifica.
Ecco. Quando ciò accade, quando la curiosità si sposa con la conoscenza e competenza e la cucina ha una solida base ragionata, è quello il momento in cui la Coerenza raggiunge il suo apice, e quel semplice piatto di pasta e fagioli diviene di diritto un piatto di Alta Cucina, di Cucina Profonda.
In una ricetta, ricordatevi, c’è scritto tutto tranne la ricetta. Che, laddove è coerente, è storia, cultura, sapienza, tradizione, scienza, innovazione. La cucina italiana è la cucina delle mamme, e delle loro mamme prima di loro. Gelosamente custodita nel tempo come contorno alla convivialità mediterranea, e gentilmente innovata nel corso del tempo.
Bene. E’ proprio per questo concetto di coerenza, che la ricetta che vi preparo oggi non è la pasta alla norma. Perché il pomodoro non è di stagione, e la melenzana neppure. Perchè, se fate oggi in Novembre una passeggiata in un mercato a Palermo, trovate sui banchi delle pescherie le prime belle seppie, fresche, lucenti. Spesso, ancora (poverine) vive. La pasta alla norma, con la sua meravigliosa storia e geografia, ha bisogno di pomodoro maturato sotto il sole cocente di Agosto, colori e rumori diversi, e ve la racconterò magari tra un paio di stagioni. Oggi invece vi racconto “pasta nera, seppia bianca”.
CHEF
Andrea Ruisi
CUCINA
siciliana
DIFFICOLTA’
Media
DATI PER LA PREPARAZIONE
30 min
Prep
20 min
Cottura
55 min
Totale
4 Persone
Dosi
La Ricetta
INGREDIENTI
Per la Pasta
Per il Condimento
Altro, ma non meno importante
PREPARAZIONE
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